Un segnale diverso nel panorama dell'Arte contemporanea
03
Sep

Un segnale diverso nel panorama dell'Arte contemporanea

Ho sempre considerato l’ornamento una parte significativa della persona; un completamento importante non solo dell’abito indossato ma pure di un gesto, di un movimento del corpo che viene così sottolineato, che trova eco in un luccichio, un tintinnio, una forma preziosa. Insomma l’ornamento è un completamento estetico e sensoriale che può coinvolgere la vista e il tatto, fino all’udito o al gusto (come nel caso, ad esempio, dei gioielli dell’artista vicentina Barbara Uderzo).

È risaputo come, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, valenti artisti e designers abbiano riabilitato il gioiello di ricerca alle più alte sfere dell’arte contemporanea rendendolo oggetto di continue sperimentazioni sui materiali e sulle tecniche. Il gioiello è stato “risemantizzato”, svincolato dall’ambito ornamentale e simbolico cui la tradizione, fino ad allora, lo aveva relegato per divenire una forma artistica a tutti gli effetti. Ancor oggi, gli orafi e gli artisti ricercano il significato che può assumere, lo scopo, il segnale che può diffondere l’ornamento contemporaneo, al pari di qualsiasi altro artista nei confronti di un quadro o di una scultura dei nostri tempi. Si potrebbe così sintetizzare: pensiero materia tecnica forma = gioiello contemporaneo.

Di un’opera d’arte, sia essa plastica o pittorica, si è dapprima interessati al suo apparire come forma nello spazio, il segno, e poi al suo significato ultimo, il segnale.

Anche il gioiello di ricerca è un oggetto di chiara potenza segnica: traccia un segno nello spazio e, allo stesso tempo, lancia un segnale. Una spilla appuntata su un cappotto crea un contorno, un volume o una grafia (se bidimensionale) sovrapposti rispetto alla porzione di tessuto su cui poggia, una forma, apprezzabile visivamente, che diventa un punto di magnetica attrazione. L’oggetto ornamentale è un segno esterno, concreto, un’aggregazione materica che utilizza il corpo come piano di rappresentazione ideale, un piano dai confini dilatabili nella misura in cui lo è quello della creazione e della sperimentazione (non è un caso se nel campo della gioielleria contemporanea il moderno ornamento diventi l’indiscusso protagonista di installazioni e performance artistiche che travalicano i limiti assai definiti del corpo umano). Il gioiello quindi, una volta indossato, ha il potere di cambiare la percezione che noi abbiamo di un corpo, delle sue sembianze; ne modifica i contorni. In questo gioco di trasformazioni e alterazioni percettive, l’abito, come il corpo, diventano superfici d’appoggio, funzionali, come pareti espositive, e allo stesso tempo elementi pienamente compresi nell’atto della creazione orafa perché il gioiello è pur sempre vincolato dal principio dell’indossabilità: una spilla per essere tale ha bisogno di un ago che trapassi un tessuto, un anello di infilarsi ad un dito e così via.

Il segno lasciato da una creazione di oreficeria contemporanea è dunque senz’altro più profondo di quello di una qualsiasi altra opera plastica perché coinvolge il nostro corpo in prima persona, lo elegge a spazio scenico di una rappresentazione artistica. A differenza di una scultura o di un quadro che campeggiano staticamente all’interno dello spazio espositivo che è, per definizione, chiuso e delimitato, il gioiello contemporaneo, una volta indossato, viene esposto in un’ambientazione spazio-temporale dinamica, ampliabile e ogni volta diversa in quanto si muove insieme al corpo. Di conseguenza, il segno lasciato dall’oreficeria contemporanea è più visibile e allo stesso tempo il suo segnale è meglio comprensibile perché si “adatta” alla dimensione umana.

Cosa si intende per segnale dell’ornamento contemporaneo? il messaggio dell’artista, la sua personale risposta alle domande dell’arte e della società, la sua chiave di lettura del mondo moderno. È soprattutto questo che distingue un gioiello di ricerca da uno della tradizione: il desiderio di trasmettere attraverso la materia trasformata un segnale, stabilire una comunicazione.

Un anello di Karl Fritsch o una spilla di Annamaria Zanella possono essere considerati alla stregua di rebus materici; la materia, più o meno preziosa, le tecniche esecutive, spesso tradizionali, e la forma creata per essere indossata sono i tre elementi distinti offerti al fine di decodificare il messaggio dell’artista. In una realtà frenetica come quella odierna dove le immagini e le informazioni corrono fluide in una corsa nervosa senza troppi ostacoli, dove spesso la comunicazione è affidata a brevi frasi, parole sincopate e immagini banalizzate e svuotate dalla ripetizione, indossare tali piccoli congegni crea-pensiero significa ritrovare una piccola oasi fertile nel sempre nuovo deserto della banalità. Il gioiello contemporaneo crea un dialogo, un piccolo scambio di pensieri, sensazioni e rimandi tra l’artefice, il collezionista e chi semplicemente ammira il pezzo, rendendo ciascuna figura protagonista di un’esperienza artistica.

Per concludere si può dire che indossare un gioiello di ricerca è una chiara scelta di natura culturale che va al di là di un semplice appagamento immediato di valori estetici; si sceglie infatti un gioiello di ricerca perché si vuole comunicare, (non ultimo la propria personalità e pensiero) e essere strumento di comunicazione.

Il gioiello di ricerca è un’opera d’arte e noi che la indossiamo siamo la sua didascalia.

da Elena Masia storica dell’arte, vive a Padova

Photo: Annamaria Zanella, Acqua, spilla, 1996. Oro, argento, ferro, smalti, 13 × 9 × 1,5 cm