Uno Nessuno e Centomila – La serialità come modulo costruttivo
05
Set

Uno Nessuno e Centomila – La serialità come modulo costruttivo

Prima di cominciare mi sembra necessaria una breve dichiarazione di intenti, ovvero chiarire subito che questo brevissimo saggio non intende voler sfaccettare con meticoloso (e a mio avviso talvolta noioso) approccio scientifico il complesso e vastissimo argomento della serialità che, dagli anni ’60 ad oggi ha visto l’applicazione fisica e concettuale di moltitudini di artisti e designer, tra cui anche alcune colonne portanti del Gioiello Contemporaneo. In questo luogo ed in tale sede, vorrei insomma trattare l’aspetto “seriale” in chiave “non seria” e l’aspetto “singolare” del gioiello seriale (passatemi i giochi di parole) attraverso la serialità del modulo costruttivo.

Generalmente si parla di serialità e riproducibilità di un’opera d’arte pensando ad essa come un insieme unico, compatto nella sua totalità. In questa sede vorrei parlare della modularità interna, la struttura dell’opera come elemento seriale costruttivo. Questo aspetto è potenzialmente estendibile anche al concetto generale di riproducibilità in toto dell’opera stessa ma sicuramente non ne è il vincolo necessario.

Il gioiello realizzato con l’assemblaggio di elementi in serie, o parti di elementi in serie, racchiude in sé due aspetti importanti della questione –ancora oggi viva soprattutto se applicata al gioiello- di Arte e serialità. Infatti è questo il caso in cui l’idea di “originale” e quella di “artistico” vengono condivise anche dalla doxa, ovvero dall’opinione diffusa ( che in certi casi è anche –strano a dirsi- la più difficile da convincere). Forse è anche per questo motivo che –Arman con il suo Nouveau Realism insegna- il gioiello realizzato con object trouvè, meglio se di provenienza industriale con pedigree di serialità dal gusto Pop, ha avuto e sta avendo tutt’oggi il suo momento di gloria. A farla da padrone non è tanto l’abilità artigianale e quindi la competenza specifica della materia e della tecnica, quanto il divertisement, l’accostamento, il bilanciamento e, assolutamente non ultimo, il concetto. Intellettualità spostata verso il sentimento è presente nei Gluco-gioielli di Barbara Uderzo, realizzati con caramelle gommose infilate in fili in nylon, oppure verso il ludico nei gioielli di Marco Minelli, artista poliedrico che assembla combinando tra loro in modo assolutamente unico e personale palline da ping-pong e oggetti Ikea.

In Italia tra i senior della ricerca del design seriale nel gioiello possiamo nominare la serie Superleggeri di Giancarlo Montebello (vedi Giornaleagc n.2), e della vicentina Carla Riccoboni le catene Alphabet (moduli seriali realizzati dalla tranciatura di sottili lastre metalliche e combinati tra loro a formare catene leggerissime).

La nuova tendenza della contemporaneità è a maggior ragione soddisfatta se questi pezzi seriali riescono anche a suscitare una riflessione ambientalista, di riciclo e di recupero. Dalle opere giovanili di Tony Cragg all’enorme pesce Schillellè (che significa “muggine” in dialetto sardo) progettato dal designer Edoardo Malagigi e interamente realizzato con oggetti “alieni”, così come vengono chiamati i rifiuti non appartenenti al mare e che il mare stesso rigetta sulle rive, il recupero di oggetti seriali prodotti e scartati dalla nostra società viene abbondantemente utilizzato anche nel gioiello contemporaneo come nella collana di Daniel Kruger con forchettine da fast food usate e filo di ferro oppure nella spilla di Takehide Ozaki, realizzata con l’accumulo di vecchi scontrini fiscali appuntati tra loro da una spilla da balia in rame.

Del resto gli esempi di questo tipo di gioiello, soprattutto tra le nuove leve, è incredibilmente nutrito; dai Lego di Emiko Oye alle etichette di Kepa Karmona, ogni forma suggestiva che la nostra immaginazione trova nella realtà è presto trasformata in spilla, anello, collana e quant’altro, con poca limitazione di numero e pochissimo imbarazzo di originalità.

In un ambito molto diverso, quello del gioiello d’artista, la stessa confluenza tra riproducibilità e arte la possiamo ritrovare in Italia fino dagli anni ‘60, dalla stessa Gem Montebello di Milano, ma anche Masenza di Roma e UnoAErre di Arezzo. In questo caso la competenza tecnica specifica della materia diviene superflua e l’artista è un progettista che affida la sua poetica ad ottimi e qualificati esecutori che curano la traduzione del linguaggio artistico trasponendolo nella produzione in serie. La dimensione “artigianale” e la manualità assumono dunque un aspetto secondario rispetto al concetto e la tiratura dei prestigiosi pezzi può alzarsi a diversi esemplari, talvolta anche più di un centinaio. Questo procedimento permette anche un approccio poetico e ludico verso le componenti strutturali del gioiello come nel caso di Marco Lodola che ricava da una stessa lastra due spille in negativo oppure nelle collane di Mario Ceroli in cui la serialità è ancora una volta un elemento distintivo interno all’oggetto, una modularità che si esprime nella ripetizione della forma all’infinito, come in un magico gioco di specchi affrontati. Una moltiplicazione esterna che si riflette anche in quella interna, la folla nell’intimo e viceversa.

Insomma, per citare in maniera picaresca l’atavica domanda pirandelliana, forse potremmo qui più che altrove riflettere: Uno Nessuno o Centomila?

Bianca Cappello - Storico del Gioiello, Critico del Gioiello Contemporaneo - Milano

Photo: Carla Riccoboni varie catene della serie Alphabet